Anche i bambini fanno questa domanda sul senso della vita, forse persino più di noi.
Un bambino di sei, sette oppure otto anni si chiede il senso della vita. L’ho sentito anche da molti bambini di dieci, undici e dodici anni, quando iniziano a vergognarsi un po’ nel porre questa domanda. Qualche volta, dopo aver suscitato interesse in loro, mi interrompono chiedendo “Allora per quale motivo viviamo?”
La domanda sul senso della vita è come un’enorme pietra che pesa sul bambino, chiedendo una risposta. Successivamente, tuttavia, con lo sviluppo ormonale e sociale, la dimentichiamo e iniziamo a correre dietro a qualunque cosa il mondo ci presenti e con cui ci confonda.
Tuttavia, la domanda sul senso della vita— “Perché io vivo?” —davvero agita tutti coloro che non “riescono” a dimenticarla.
Ma se la domanda nasce già da bambini, perché poi scompare sempre?
La domanda scompare nel tempo perché noi abbiamo organizzato tutte le nostre esistenze proprio per fare in modo di non porre mai più questa domanda.
Come genitore, se mio figlio mi chiedesse, “Quale è il senso della vita?” Come dovrei rispondere?
Se il bambino mi chiedesse quale sia il significato della vita, allora devo riflettere profondamente da dove proviene questa domanda. Il bambino potrebbe cercare qualcosa in relazione ad una professione, al desiderio di realizzarsi nello sport o nella musica cioè si chiede “Perché io vivo?” allo scopo di trovare la sua strada nel mondo.
Ma se invece la sua domanda fosse davvero sul senso della vita, cioè su questa vita? In altre parole, vuole sapere da dove proviene la vita, cosa avviene dopo la morte, e cosa avviene con la nostra intera esistenza? Devo innanzitutto comprendere il motivo per cui mi stia facendo tale domanda.
Supponiamo che un bambino di cinque anni mi chieda, “Qual è il senso della vita?”
Questa domanda non è legata ad un’età specifica.
Mi ricordo che ero solito pormi questa domanda sulla vita e sul senso della vita. Guardavo gli adulti, e mi era chiaro che loro non avevano nulla per cui vivere. “Per cosa vivono?” Mi chiedevo ogni volta. Pensavo davvero che sarebbero stati meglio morti che vivi. Perché andavano avanti e indietro dal lavoro ogni giorno? Come facevano a fare sempre le stesse cose giorno dopo giorno? Solo per avere dei figli da far vivere allo stesso modo?
Pensavo che se qualcuno mi avesse spiegato prima di nascere che la vita era questa, non avrei scelto di nascere.
Quindi come potete vedere, la mia domanda era davvero sul senso della vita; era relativa all’origine della vita: “Da dove proviene la vita?” “Perché c’è vita?” “Che bisogno c’è di vivere?” “C’è davvero la necessità di vivere?”
Se mi avessero detto che in alcune generazioni avremmo raggiunto qualcosa di così grande—che va al di là della nostra vita corporea—allora avrei compreso che sarebbe stata solamente una questione di tempo finché una nuova generazione ce l’avrebbe fatta. Ma senza questa prospettiva, continuando semplicemente a vivere per sopravvivere e riprodursi, allora saremmo stati anche peggio degli animali. Questo perché gli animali non si chiedono perché vivono, e siccome non si fanno domande, sono più completi.