(un estratto)
…In apparenza vi è da precisare sul vocabolo Tshuvà (penitenza), poiché essa avrebbe dovuto essere nominata con il vocabolo di “perfezione”, ma è allo scopo di istruire, che tutto é del tutto apparecchiato e dal principio, ed ogni anima si trova già in tutta la propria luce, e la propria bontà e la propria eternità. E’ solo per il fatto del “Nàhama dechissufa” (Pane di disgrazia) che l’anima se n’è uscita nel mistero degli Zimzumim (restrizioni), fino al momento che essa si sarebbe rivestita di corpo torbido, e solo grazie a tale qualità (di corpo), essa ritorna alla propria radice, di prima dello Zimzum, ed essa ha il compenso nella propria mano, la quale cosa proviene da tutta questa terribile mossa che essa stessa aveva fatto, e nel suo insieme il compenso è l’aderire – dvekut vero. Ciò equivale a dire che essa si è liberata dal Nahama dechissufa. Poiché tutto il suo ricevere si è convertito in un vaso-Klìdi Ashpaà (Dazione assoluta), e la sua forma è uguale al suo Creatore. E ho già parlato tanto di questo fatto.
E con questo capirai: (che) se la discesa serve ad un’ascesa, essa va considerata un’ascesa e non una discesa. Ed in verità, la discesa medesima è l’ascesa, poiché le lettere stesse della preghiera si riempiono di abbondanza, ed in una preghiera breve, sarà abbreviata l’abbondanza, perché mancheranno le lettere. E così hanno detto i nostri saggi: «Se Israele non “avessero” peccato, non sarebbe stato consegnato “loro” nient’altro che il Pentateuco e il libro di Giosuè». E contempla bene ciò.
A che cosa assomiglia questo? Ad un grande ricco che aveva un figlio unico, di teneri anni. E venne il giorno, ed il ricco dovette proprio fare un viaggio lontano, per un periodo di tanti anni. Ed il ricco temeva che suo figlio sperperasse il suo patrimonio in male cose.
Per cui, egli si fece saggio e scambiò la sua proprietà con pietre preziose, gemme e con dell’oro. E costruì anche dei grandi sotterranei nelle profondità della terra, e ci nascose tutto l’oro e le pietre preziose e le gemme, e là mise anche suo figlio.
E chiamò i suoi schiavi a lui fedeli, e comandò loro di fare la guardia al figlio perché non uscisse dai sotterranei, finché non avesse avuto vent’anni. E che ogni giorno loro gli calassero ogni cibo e bevanda, ma che in nessun modo gli calassero luce e candele. E che scrutassero ogni crepa sui muri, perché i raggi del sole non si infiltrassero. E che per la sua salute ogni giorno lo facessero uscire dai sotterranei per un’ora, e che facessero con lui un giro nelle piazze della città, facendo però una guardia eccellente cosicché egli non scappasse, e che quando avesse avuto vent’anni, allora voi gli dareste le candele e gli aprireste una finestra e lo lascereste uscire.
Va da sé che il dolore del figlio fu infinito. E tanto più era così, quando era in giro fuori, e vedeva tutti i ragazzi mangiare e bere e gioire nelle piazze, senza una guardia e senza tempo limitato, e lui sta in prigione, e ha momenti di luce contati, e se cercasse di scappare, lo colpirebbero senza pietà. E fu più addolorato ed oppresso sentendo che suo padre stesso gli aveva causato tutta quella tristezza, posto che essi sono gli schiavi di suo padre e seguono i comandi di suo padre. Come si può capire, egli pensa che suo padre sia il crudele più grande fra tutti i crudeli antichi, poiché chi avrebbe mai sentito di una tale cosa.
Il giorno che egli ebbe vent’anni, gli schiavi gli calarono una candela, come aveva comandato suo padre, il ragazzo prese la candela e cominciò a guardarsi intorno. Ed ecco che cosa vide, sacchi pieni d’oro e di tutte le qualità (i tesori) dei re.
Solo allora comprese suo padre, che è un vero (uomo) pietoso, e che tutta la fatica che aveva fatto, non l’aveva fatta altro che per il suo bene, e subito capì che di certo gli schiavi l’avrebbero lasciato uscire libero dai sotterranei. E fece così, uscì dai sotterranei, ed ormai non c’è la guardia, né gli schiavi crudeli, ma invece lui è uno ricco più elevato di tutti i ricchi della terra.
Ed ecco, in verità, qui non c’è affatto alcuna novità, poiché il fatto è stato scoperto in modo retrospettivo, che lui era stato un grande ricco in tutti i suoi giorni. Eppure, stando alla sensazione, egli è stato povero e pezzente, oppresso negli inferi per tutti i suoi giorni, ed ora in un solo momento è stato arricchito da un immenso patrimonio, e si è innalzato “Mebira amikta le igra rama”, da una buca profonda ad una montagna elevata. E chi potrebbe capire questa parabola? Colui che capisce che le“zdonot” (malizie), sono proprio i sotterranei profondi con una guardia eccellente per non scapparne.
E rispetto a questo è semplice che i sotterranei e la guardia eccellente, sono tutte “zchuiòt” (meriti, purezze) e le pietà del padre verso suo figlio, perchè senza di loro lui non avrebbe alcuna realtà(possibilità) dell’essere ricco come suo padre, e però le “zdonot” sono “proprio zdonot“. E non “errori”. E non “costrizioni di un ordine divino”. Ma invece, prima che egli torni alla sua ricchezza, governa la sensazione suddetta, in tutta la sua pienezza e significato, e però dopo aver fatto ritorno alla ricchezza, egli vede tutte quelle che sono le pietà del padre, e per niente affatto crudeltà, che Dio non voglia.
E bisogna capire che ogni connessione d’amore fra il padre e il suo unico figlio ricordato sopra, dipende dal conoscere la pietà del padre per il figlio rispetto ai fatti dei sotterranei e all’oscurità e alla guardia eccellente, poiché il figlio vede in tali pietà del padre una grande fatica ed una saggezza profonda.
Anche nel santo Zohar ne hanno parlato, e hanno detto che a colui che Zochè (si purifica, merita di) nella tshuvà, la Divina Presenza si rivela a lui come una madre dal cuore tenero che non ha visto suo figlio da numerosi giorni, e loro due hanno fatto numerosi e grandi atti per potersi vedere, e a causa di ciò hanno affrontato grandi pericoli ecc., e alla fine è arrivata a loro quella libertà ardentemente sperata, e hanno meritato di vedersi, e che allora la madre si getta su di lui e lo bacia e lo consola e parla al suo cuore, tutto il giorno e tutta la notte, e gli racconta delle nostalgie e dei pericoli passati nelle strade fino a quel giorno, e come è stata con lui da sempre, e la Divina Presenza non si sia mossa, ma abbia sofferto con lui in tutti i luoghi, solo che lui non ha potuto vederla.
E queste sono le parole dello Zohar: che lei gli dice, qui abbiamo dormito, qui ci hanno sorpreso i briganti. E siamo stati salvati da loro; qui eravamo nascosti nella buca profonda ecc., e chi sarebbe l’ingenuo che non capisca la sovrabbondanza dell’amore, e la piacevolezza e la delizia, che irrompe ed emana da questi racconti di consolazione.
Ed è una verità che prima che essi si incontrassero faccia a faccia , c’erano in questo sensazioni peggiori della morte, ma nel mistero di “Nega” (afflizione), a causa del fatto che la “Ain” (la lettera finale di nega in ebraico) viene alla fine della combinazione. Però durante la storia delle cose della consolazione, dove la “Ain” è all’inizio della combinazione, certo vi è “Oneg” (Piacere); eppure (questi due casi) sono due punti che non illuminano se non in seguito al trovare la loro esistenza in uno stesso mondo. E focalizza ciò e immaginati un padre e un figlio che si stavano aspettando bramosamente lungo giorni ed anni. E alla fine hanno visto sè stessi, però il figlio è muto e sordo, e loro non possono assolutamente divertirsi l’uno con l’altro, e dunque ne consegue che il fondamento dell’amore si trova in delizie grandi come la mano del Re.
Yehuda Ha Levi