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La Sala da Pranzo

dal libro “Raggiungere i Mondi Superiori

Atto primo

In una casa splendente con grandi stanze, un uomo di gentile e di bell’aspetto è indaffarato in cucina. Sta preparando da mangiare per un ospite che desidera ricevere da molto tempo. Mentre è occupato tra pentole e padelle, si ricorda delle prelibatezze che al suo ospite piacciono tanto.

La gioia che il padrone di casa prova solo nel ricordare è evidente. Gentilmente, con le movenze di un danzatore, prepara il tavolo con cinque diverse portate. Vicino al tavolo ci sono due seggiole molto comode.

Qualcuno bussa alla porta e l’ospite entra. Il viso del padrone di casa brilla di gioia alla vista del suo ospite e lo invita a sedersi al tavolo. L’ospite si siede e il padrone di casa lo guarda teneramente.

L’ospite guarda le tante buone cose che gli stanno davanti e le annusa da una educata distanza. È evidente che gli piace quello che vede, ma esprime la sua ammirazione con la dovuta discrezione, non rivelando di sapere che il cibo è stato preparato per lui.

Il padrone di casa: Avanti siediti. Ho fatto queste cose appositamente per te perché so quanto ti piacciono. Sappiamo tutti e due che conosco molto bene i tuoi gusti sia per il pranzo che per la cena. So che hai fame e so quanto sei capace di mangiare, così ho preparato ogni cosa esattamente come piace a te, nella esatta quantità che puoi mangiare senza lasciare una briciola.

Narratore: Se fosse rimasto qualcosa da mangiare quando l’ospite si fosse saziato, sia il padrone di casa che l’ospite sarebbero stati infelici. Il padrone di casa sarebbe stato infelice perché avrebbe voluto dare al suo ospite più di quanto l’ospite poteva mangiare. L’ospite si sarebbe sentito deluso per non essere stato capace a soddisfare il desiderio del padrone di casa di vederlo mangiare ogni cosa. L’ospite si sarebbe inoltre rincresciuto se si fosse sentito sazio quando ancora c’era da mangiare sul tavolo, e non se la fosse sentita di mangiare altro. Il che avrebbe significato che l’ospite mancava di un desiderio sufficiente per godere di tutto ciò che era stato preparato per lui.

Ospite: (Solennemente) In verità, hai preparato esattamente ciò che mi piace vedere e mangiare al mio tavolo. Anche la quantità è proprio giusta. Questo è tutto ciò che voglio dalla vita: godere di tutto questo. Per me, sarebbe il piacere divino definitivo.

Padrone di casa: Per favore, serviti e godine. Ciò mi renderà felice.

L’ospite inizia a mangiare.

Ospite: (Ovviamente godendo e con la bocca piena, anche se con un’espressione ancora un po’ corrucciata): Perché più mangio e meno sento piacere per il cibo che ricevo? Il piacere che ricevo estingue la fame e io ne godo sempre meno. Più mi avvicino alla sazietà e meno mi piace mangiare. E quando ho ricevuto il cibo, resto senza niente tranne che con la memoria del piacere e non il piacere in sé. Il piacere era presente solo mentre ero affamato. Quando la fame è passata, così anche la gioia è passata. Ho ricevuto ciò che desideravo e adesso sono rimasto senza piacere né gioia. Non voglio più niente e non ho niente che mi dia gioia.

Padrone di casa: (un po’ risentito) Ho fatto tutto ciò che potevo per darti piacere. Non è colpa mia se il desiderio si spegne quando ricevi il piacere, perché si estingue la sensazione di gioia. Adesso ti sei comunque saziato con ciò che ho preparato per te.

Ospite: (Difendendosi) Ricevendo tutto ciò che hai preparato per me, non posso neanche ringraziarti perché ho smesso di godere di tutte queste delizie che mi hai dato. La cosa principale che sento è che tu mi hai dato qualcosa di grande, mentre io, da parte mia, non ti ho dato niente. Di conseguenza tu mi hai fatto vergognare di me stesso mostrandomi che io sono quello che prende e tu quello che dà.

Padrone di casa: Non ti ho mostrato che tu sei quello che prende e io quello che dà. Ma il semplice fatto che hai ricevuto qualcosa da me senza darmi niente ti ha fatto sentire in colpa, a dispetto del fatto che la gentilezza è la mia natura. Non voglio niente di più che tu accetti il mio cibo. Non posso cambiare questa cosa. Ti faccio un esempio: a me piace allevare dei pesci. A loro non importa chi sia a curarli e a dar loro da mangiare. Mi prendo cura anche di Bob, il mio gatto. Anche lui dà poca importanza a chi sia a dargli da mangiare. Ma Rex, il mio cane, sta invece attento. Lui non prenderebbe il cibo da chiunque.

Narratore: Le persone sono fatte in questo modo e cioè ci sono coloro che ricevono senza accorgersi che c’è qualcuno che sta dando loro qualcosa, queste persone prendono e basta. Qualcuno ruba persino senza rimorso! Ma quando una persona sviluppa la consapevolezza di sé, questa persona sa riconoscere quando gli viene dato qualcosa e maturare la consapevolezza di essere una persona che prende. Questa consapevolezza porta con sé una sensazione di vergogna, di auto – riprovazione e di agonia.

Ospite: (sembrando in qualche modo appagato) Ma cosa posso fare per ricevere piacere senza sentirmi come colui che prende? Come posso neutralizzare il sentimento che è dentro di me che tu sei colui che dà e io colui che prende? Se c’è una situazione dove uno dà e uno prende, che provoca in me una tale vergogna, cosa posso fare per evitarla?

Forse potresti comportarti in un modo che non mi facesse sentire come colui che prende! Ma ciò è possibile solo se non sono consapevole della tua esistenza (proprio come il tuo pesce) o se ti sentissi ma non capissi che tu mi stai dando qualcosa (come il gatto o un essere umano non sviluppato(

Padrone di casa: (Inarcando gli occhi in un’espressione concentrata e pensierosa): Credo che, dopo tutto, una soluzione ci sia. Forse sarai capace di trovare il modo di neutralizzare la sensazione che senti dentro di te di essere colui che riceve.

Ospite: (I suoi occhi si illuminano) Oh, Ci sono! Tu hai sempre voluto che io fossi il tuo ospite. Così domani, verrò qui e mi comporterò in modo che ti farà sentire come colui che riceve. Sarò ancora io quello che riceve, naturalmente, mangiando quello che hai preparato per me, ma mi considererò come colui che dà.

Atto secondo

Il giorno dopo, nella stessa stanza, il padrone di casa ha preparato un altro buon pranzo con le stesse prelibatezze del giorno prima. Si siede al tavolo e l’ospite entra, con una inconsueta e in qualche modo imperscrutabile, espressione sul viso.

Padrone di casa (con sorriso luminoso, ignaro del cambiamento): Ti aspettavo. Sono così felice di vederti. Siediti, prego.

L’ospite si siede a tavola ed educatamente odora il cibo.

Ospite (guardando il cibo): Tutto questo è per me?

Padrone di casa: Ovviamente! Solo per te! Sarei molto onorato se fossi disposto a ricevere tutto questo da me.

Ospite: Grazie, ma non voglio così tanto.

Padrone di casa: Beh, questo non è vero! Tu lo vuoi e lo so per certo! Perché non lo accetti?

Ospite: Non riesco a prendere tutto questo da Te. Mi fa sentire a disagio.

Padrone di casa: Cosa intendi per disagio? Io voglio veramente che tu prenda tutto! Chi pensi abbia preparato tutto? Mi darebbe così tanto piacere, se tu mangiassi tutto.

Ospite: Forse hai ragione, ma io non voglio mangiare tutto questo cibo.

Padrone di casa: Ma tu non stai solo ricevendo un pasto, stai anche facendo un favore a me, sedendoti al mio tavolo e godendo di quello che ho preparato. Ho preparato tutto questo non per te, ma perché io godo del fatto che tu lo riceva da me.

Ecco perché il fatto che tu acconsenta a mangiare sarebbe per me un favore. Riceveresti tutto questo per me! Tu non riceveresti, piuttosto, mi daresti una grande gioia. In realtà, non saresti tu a ricevere dal mio pasto, ma sarei io a ricevere una grande gioia da te. Saresti quello che dona qualcosa a me e non il contrario.

Il Padrone di casa, con sguardo implorante, fa scivolare il piatto fumante davanti al suo ospite che ancora non si decide ad accettare. L’Ospite lo respinge. Il Padrone di casa lo fa scivolare di nuovo vicino a lui ed ancora egli lo rimanda indietro. Il Padrone di casa sospira e nel suo sospiro rivela tutto il suo desiderio di ottenere un sì dal Suo Ospite. L’Ospite prende ora la posizione di colui che sta facendo un favore al Padrone di casa.

Padrone di casa: Ti prego! Per favore, fammi felice.

L’ospite inizia a mangiare, poi si sofferma a pensare. Poi ricomincia e di nuovo si ferma. Ogni volta che l’ospite fa una pausa, il Padrone di casa lo incoraggia a continuare. Solo dopo essere stato più volte persuaso, l’ospite continua. Il Padrone di casa continua a mettere nuove prelibatezze davanti al suo ospite, implorandolo ogni volta chiedendogli di accettare per fargli un piacere.

Ospite: Se posso essere certo che mangiando ti dò piacere, non perché voglio mangiare per me, allora tu diventi colui che riceve ed io divento colui che dà piacere. Ma perché questo accada, devo essere certo che sto mangiando solo per te e non per me.

Padrone di casa: Ma naturalmente, stai mangiando solo per me. Dopo tutto, tu sei seduto al tavolo e non hai assaggiato niente fino a quando non ti ho dimostrato che non sei qui solo per mangiare, ma per rendermi molto felice. Sei venuto qui per darmi piacere.

Ospite: Ma se accettassi qualcosa che inizialmente non desideravo, non ne godrei ricevendola e tu non godresti nel guardarmi mentre ricevo la tua offerta. Quindi vuol dire che tu puoi ricevere piacere solo nella misura in cui io godo della tua offerta.

Padrone di casa: So esattamente quanto ti piace questo cibo e so la quantità di ogni piatto che puoi mangiare. Pertanto, ho preparato questi cinque piatti. Infatti conosco il desiderio che hai per questo piatto e per quell’altro e non per qualsiasi altra cosa nella tua vita.

Il fatto di sapere quanto ti piacciono questi piatti risveglia in me la sensazione del tuo piacere. E mi piace anche che tu goda della mia cucina. Non ho alcun dubbio che il piacere che ho ricevuto da te sia vero.

Ospite: Come posso essere sicuro di godere di questi piatti solo perché è questo che vuoi tu e perché li hai preparati per me? Come posso essere sicuro che non dovrei rifiutare, perché ricevendo da te, alla fine, ti faccio un piacere?

Padrone di casa: Molto semplice! Poiché tu hai rifiutato del tutto le mie offerte fino a quando non sei stato certo di accettarle per il mio piacere. Allora hai accettato. In ogni boccone sentirai di stare mangiando per il mio piacere e sentirai la gioia che produci in me.

Ospite: Sono in grado di liberarmi dalla vergogna e, allo stesso tempo, mi sento invece orgoglioso nel darti piacere se penso che, ogni volta che ricevo, ricevo per te.

Padrone di casa: Quindi mangia tutto! Tu vuoi tutto, e quindi mi darai ogni briciola di piacere che potrai!

Ospite (dopo aver mangiato con piacere fino allultimo piatto, l’ospite si rende conto di non essere ancora soddisfatto): Ora ho mangiato tutto e me lo sono gustato. Non c’è più cibo da gustare. Il mio piacere se ne è andato perché non ho più fame. Non posso più dare piacere a nessuno di noi due adesso. Che cosa devo fare?

Padrone di casa: Non lo so. Mi ha dato un grande piacere nel ricevere da me. Cos’altro posso fare per te, così che tu possa godere ancora e ancora? Come potrai voler mangiare ancora, se hai mangiato tutto? Come ti farai venire di nuovo fame?

Ospite: È vero, il mio desiderio di godere si è trasformato in un desiderio di dare gioia a te, e se ora non riesco a godere, come potrò darti piacere? Dopo tutto, non posso creare dentro di me un appetito per un altro pranzo di cinque portate!

Padrone di casa: Non ho preparato più di quanto tu desiderassi. Ho fatto tutto il possibile per soddisfarti. Il tuo problema è: “Come faccio a non smettere di volere di più, mentre ricevo sempre di più”.

Ospite: Ma se il piacere non soddisfa la mia fame, io non posso sentirlo come un piacere. La sensazione di piacere arriva quando ho soddisfatto le mie necessità. Se non fossi stato affamato, non avrei potuto gustare il cibo e, di conseguenza, non avrei potuto donare gioia a te. Che cosa posso fare per rimanere in una condizione di costante desiderio e per rendere costante la tua gioia nel vedere il mio piacere?

Padrone di casa: Per questo, hai bisogno di una diversa fonte di desideri e di un diverso strumento di soddisfazione. Utilizzando la tua fame di ricevere sia il cibo che la gioia di mangiare, tu li spegni entrambi.

Ospite: Ci sono! Il fatto è che mi privavo della gioia di sentire che a trarne piacere saresti stato Tu! Ho opposto un tale rifiuto che, se anche l’intero pasto mi fosse stato messo sotto gli occhi, non avrei potuto accettare perché mi vergognavo di riceverlo. La vergogna era così intensa che sarei stato disposto a morire di fame, se non altro per evitare di sentire la mortificazione di essere colui che riceve.

Padrone di casa: Ma poi, una volta che ti sei convinto che non stavi ricevendo per te stesso, hai iniziato a ricevere per me. Per questo motivo, hai goduto sia del cibo che del piacere che mi stavi dando. Ecco perché mangiare il cibo dovrebbe essere conforme con la tua volontà. Dopo tutto, senza il piacere per il cibo, come potresti rendermi piacere?

Ospite: Ma non è abbastanza ricevere per te, sapendo che a te piace farlo per me. Se il mio piacere deriva dalla tua gioia, la mia fonte di piacere non è il cibo, ma Tu! Devo sentire la tua gioia.

Padrone di casa: Questo dovrebbe essere facile, dal momento che io sono qui per questo.

Ospite: Sì, ma il mio piacere da cosa dipende? Esso dipende da te, il solo a cui sto dando piacere. Ciò significa che il mio piacere dipende da quanto fortemente vorrei dare a te la gioia, cioè, dalla misura in cui percepisco la tua grandezza.

Padrone di casa: Allora, io cosa posso fare?

Ospite: Se ti conoscessi di più, se fossimo più intimi, se tu fossi veramente grande, allora la tua grandezza e onnipotenza mi sarebbero rivelate. Allora godrei anche a darti il piacere, essendo consapevole di chi stava ricevendo. Quindi, il mio piacere sarebbe stato proporzionale alla grandezza che tu mi riveli.

Padrone di casa: Dipende da me?

Ospite: Guarda, se io do, è importante per me sapere quanto sto dando e a chi. Se si tratta di persone che amo, come i miei figli, allora sono disposto a dare nella misura dell’amore che ho per loro. Questo mi dà gioia. Ma se un uomo per strada mi ferma e mi chiede aiuto, gli darò qualcosa solo perché mi sento colpito dal suo stato di bisogno, e spero che quando sarò io ad essere in difficoltà, qualcuno mi aiuterà.

Padrone di casa: Questo principio è ciò che sta alla base del concetto di benessere o assistenza sociale. La gente ha capito che se non ci fosse l’assistenza reciproca, tutti soffrirebbero. Cioè, che ogni uomo soffrirebbe nel momento del bisogno. L’egoismo costringe gli uomini a dare, ma non è vero dare. Si tratta semplicemente di un modo per garantirsi la propria sopravvivenza.

Ospite: Io non credo veramente che questo tipo di dare sia vero. Tutta la nostra “generosità” non è altro che un modo per noi di ricevere il piacere dando soddisfazione a noi stessi e a coloro che amiamo.

Padrone di casa: In che modo posso darti un piacere che vada oltre il piacere che hai provato nel cibo?

Ospite: Non dipende da te, ma da me. Se la persona che incontro per la strada non fosse un uomo comune, ma una personalità molto importante, riceverei un piacere più grande a donare a quest’uomo piuttosto che ad un uomo comune. Ciò significa che il mio piacere non dipende dal cibo, ma da chi lo ha preparato!

Padrone di casa: Allora che cosa posso fare perché tu mi rispetti di più?

Ospite: Siccome ricevo per il tuo piacere, non per il mio, più rispetto nutro per te, maggiore piacere otterrò nel sapere a chi sto dando.

Padrone di casa: In che modo posso aumentare la tua stima per me?

Ospite: Dimmi qualcosa di te, mostrami chi sei! Quindi potrò ottenere il piacere non solo dal ricevere semplicemente il cibo, ma anche dal sapere chi me lo sta dando, sapendo con chi ho un rapporto. La più piccola porzione di cibo che ricevessi da una grande personalità, mi darebbe una quantità maggiore di piacere. Vedi, il piacere crescerà in proporzione alla considerazione che ho della tua grandezza.

Padrone di casa: Questo significa che per permettere al piacere di diventare grande, io devo rivelarmi e tu devi sviluppare una somiglianza con me.

Ospite: Esattamente! Questo è ciò che crea un nuovo appetito in me – il desiderio di dare a te cresce in proporzione alla tua grandezza. Non è perché io voglio sfuggire alla sensazione di vergogna, ma perché la vergogna non mi permette di soddisfare la mia fame.

Padrone di casa: In questo modo inizi a sentire non la fame, ma la mia grandezza e il tuo desiderio di darmi piacere. Quindi, stai dicendo che non desideri appagare il tuo appetito, ma piuttosto deliziarti della mia grandezza e del tuo desiderio di darmi piacere?

Ospite: E cosa c’è di sbagliato in questo? Posso ricevere piacere dal cibo molte volte di più di quanto il cibo stesso mi possa dare, perché aggiungo all’appetito un secondo desiderio: la volontà di dare a Te.

Padrone di casa: Che sono ancora io a dover appagare.

Ospite: No. La volontà di farlo – ed il suo appagamento – voglio crearla in me stesso. Per farlo ho solo bisogno di conoscerti. RivelaTi e creerò dentro di me uno desiderio ardente di dare a Te. Così riceverò il piacere perché sto donando a Te e non perché ho eliminato la vergogna.

Padrone di casa: Che cosa ci guadagneresti a conoscermi, a parte il fatto che il tuo piacere aumenterebbe?

Ospite (accennando chiaramente che questo è il punto cruciale): C’è un altro importante vantaggio. Se creo in me una nuova volontà, a parte l’appetito naturale, posso avere il controllo di questa volontà. Posso sempre farla crescere, colmarla di piacere e riversarla su di Te ricevendo piacere.

Padrone di casa: Non perderai questo desiderio quando sarà colmato, proprio come perdi l’appetito dopo aver mangiato?

Ospite: No, perché posso sempre creare dentro di me un impressione più forte di Te. Posso sempre creare dei nuovi desideri di donare a Te e ricevendo da Te realizzerò questi desideri. Questo processo può andare avanti all’infinito.

Padrone di casa: Da cosa dipende?

Ospite: Dipende dalla costante scoperta di nuove virtù in Te e dalla percezione della Tua grandezza.

Padrone di casa: Questo significa che, perché si abbia una soddisfazione personale costante, come quando si ricevono dei piaceri egoistici che non ne frenano la fame ma la fanno aumentare, deve essere creato un nuovo appetito: il desiderio di percepire colui che dona.

Ospite: Sì, in aggiunta al piacere di ricevere (le prelibatezze), colui che riceve svilupperà la sensazione della grandezza del colui che dona. La scoperta del Padrone di casa e le leccornie da mangiare diventano quindi la stessa cosa. In altre parole, il piacere stesso crea la consapevolezza della presenza di colui che dona. Colui che dona, il cibo e le caratteristiche di Colui che dona sono una cosa soltanto.

Padrone di casa: Ne risulta quindi che quello che tu inizialmente desideravi, anche se inconscio, era che colui che dona si rivelasse. Per te è questo, in realtà, il senso di sazietà e nient’altro.

Ospite: All’inizio non avevo ancora capito che questo era ciò che volevo. Vedevo solo il cibo e pensavo che fosse tutto quello che volevo.

Padrone di casa: L’ho fatto apposta, in modo che, gradualmente, tu potessi sviluppare una tua volontà autonoma che avresti creduto di aver creato da te, così da poterti appagare da solo. Avresti preso il posto sia dell’ospite che del Padrone di casa simultaneamente.

Ospite: Perché è tutto costruito così?

Padrone di casa: Per lo scopo di portarti alla completezza. Così che tu possa volere ogni cosa nella sua interezza ed ottenere il massimo appagamento. In modo che tu possa godere al massimo di ogni desiderio e in modo che ogni piacere sia illimitato.

Ospite: Allora perché non lo sapevo fin dal inizio? L’unica cosa che vedevo intorno a me erano gli oggetti che desideravo e non ho mai sospettato che tutto quello che volevo veramente sei Tu.

Padrone di casa: È fatto specificamente così perché tu possa trovarti in una situazione in cui non hai alcuna percezione di me. Tu devi venire da me per tua volontà, devi creare questo intimo desiderio da solo.

Ospite (disorientato): Ma se posso creare questo desiderio dentro di me, che posto hai tu in tutto questo?

Padrone di casa: Sono stato io a creare il semplice desiderio egoistico inizialmente, ed io continuo a svilupparlo circondandoti ogni momento con nuovi oggetti di piacere.

Ospite: Ma a cosa serve tutto questo?

Padrone di casa: Per lo scopo di convincerti che dare la caccia al piacere non potrà mai soddisfarti completamente.

Ospite: Riesco a capire: nel momento in cui ho ottenuto ciò che voglio, il piacere scompare subito e di nuovo desidero qualche altra cosa, più grande o del tutto diversa. Così, sono in una costante ricerca del piacere, ma senza raggiungerlo completamente; quando arrivo a metterci sopra le mani, scivola via.

Padrone di casa: E questo è proprio il motivo per cui dovresti sviluppare la percezione interiore di te stesso e diventare consapevole dell’inutilità di questo tipo di esistenza.

Ospite: Ma se Tu dovessi sviluppare in me l’immagine di come le cose sono davvero, capirei il significato e lo scopo di tutto ciò che succede!

Padrone di casa: Questa immagine ti verrà rivelata solo dopo che ti sarai totalmente convinto della mancanza di scopo della tua esistenza egoistica e dopo che ti sarai reso conto del fatto che è necessario adottare una nuova forma di comportamento. È necessario che tu conosca le tue radici e il senso della tua vita.

Ospite: Ma questo processo dura da migliaia di anni. Quando finirà?

Padrone di casa: nulla si crea inutilmente. Tutto esiste per il solo scopo di rivelare alle creature una diversa forma di esistenza. Questo processo è lento perché ogni piccolo desiderio ha bisogno di apparire e di essere riconosciuto come indegno per essere usato nella sua forma preliminare.

Ospite: Ci sono molti di questi desideri?

Ospite: Un gran numero e in proporzione diretta al piacere che riceverai in futuro. Ma il piacere che provi dal ricevere il cibo non cambia. Non si può mangiare più di un pranzo al giorno. La capacità del tuo stomaco non cambia. Pertanto, la quantità che viene da me e che da te viene ricevuta non cambia. Ma quando mangi alla mia tavola per dare piacere a me, questa precisa intenzione crea in te un nuovo desiderio di mangiare e un nuovo piacere, oltre al piacere per il cibo. Questo piacere è misurato in termini di dimensioni e potenza o in termini di quantità e qualità, in base alla quantità di piacere che ricevi dal mangiare alla mia tavola per darmi piacere.

Ospite: Ma come faccio ad aumentare il mio desiderio di ricevere piacere per il Tuo bene?

Padrone di casa: Questo dipende da quanto mi apprezzi e mi rispetti. Dipende da quanto mi consideri grande.

Ospite: Ma come faccio ad aumentare la mia stima per te?

Padrone di casa: Devi semplicemente saperne di più su di me – vedermi in ogni azione che faccio, constatare e convincerti di quanto io sia realmente grande, onnipotente, misericordioso e buono.

Ospite: Allora mostraTi!

Padrone di casa: Se la tua richiesta nascerà da un desiderio di dare a me, io mi manifesterò subito. Ma se invece nascerà da un desiderio di dare piacere a te stesso vedendomi, non solo mi asterrò dal rivelarmi a te, ma io mi nasconderò sempre di più.

Ospite: Perché? Non è la stessa cosa per te, qualunque sia il modo in cui io posso ricevere da Te? Dopo tutto, mi vuoi dare piacere. Perché nasconderti da me?

Padrone di casa: Se rivelassi tutto me stesso, tu riceveresti così tanto piacere dall’eternità, l’onnipotenza e la totalità di me, che non saresti in grado di accettare questo piacere per me. Questo pensiero non ti passerebbe nemmeno per la testa e dopo sentiresti di nuovo la vergogna. Inoltre, poiché il piacere sarà eterno esso, come abbiamo visto prima, eliminerà del tutto la tua volontà.

Ospite (finalmente capisce): Quindi questo è il motivo per il quale Ti nascondi da me, per aiutarmi! Ed io invece pensavo che non volessi che ti conoscessi.

Padrone di casa: Il mio più grande desiderio è quello che tu mi veda e mi stia a me. Ma cosa posso fare se poi non sarai in grado di sentire piacere? Non sarebbe uguale a morire?

Ospite: Ma se io sono all’oscuro di te, allora come posso fare qualche progresso? Tutto dipende da quanto Ti mostri a me.

Padrone di casa: In effetti, solo il sentimento della mia presenza crea in te la capacità di crescere e di ricevere. Senza questo senso, devi solo divorare tutto quello che vuoi e subito smetterai di sentire piacere. Ecco perché, quando compaio davanti a te, sentirai la vergogna, la sensazione di colui che dà e il desiderio di ricevere le stesse sue qualità.

Ospite: Allora rivelaTi a me il più presto possibile.

Padrone di casa: Lo farò, ma solo nella misura in cui potrai trarne beneficio, sebbene abbia sempre voluto mostrarmi a te. Dopo tutto, io mi sono nascosto al fine di creare le condizioni di libera scelta per te. In questo modo, puoi essere libero di agire e di pensare indipendentemente dalla mia presenza. Non vi sarà alcuna pressione da parte del Padrone di casa.

Ospite: Come Ti rivelerai a me?

Padrone di casa: Lo farò lentamente e gradualmente. Ogni livello di rivelazione è chiamato “Mondo”, dai gradi più nascosti a quelli più rivelati.

FINE

Da qui ne consegue che il nostro obiettivo principale è quello di elevare l’importanza del Creatore nei nostri occhi, vale a dire acquisire la fede nella Sua grandezza e nella Sua forza. Dobbiamo farlo perché questa è la nostra unica possibilità di fuggire dalla prigione dell’egoismo personale e di entrare nei Mondi Superiori.

Come già detto in precedenza, possiamo trovare un’estrema difficoltà quando decidiamo di seguire il percorso della fede e di abbandonare tutte le preoccupazioni per l’io. Ci sentiremo allora isolati dal mondo intero, sospesi nel nulla, senza il sostegno del comune buon senso, della ragione o delle esperienze fatte fino a quel momento.

È come se abbandonassimo il nostro ambiente, la famiglia, gli amici per il bene di essere uniti con il Creatore. Queste sensazioni si presentano quando ci manca la fede nel Creatore, quando non siamo in grado di percepire Lui o la Sua presenza, o il Suo dominio su tutto il creato. In questi momenti, possiamo sentire una mancanza dell’oggetto della fede.

Tuttavia, una volta che cominciamo a sentire la presenza del Creatore, siamo pronti a sottometterci pienamente alla Sua potenza e a seguirLo ciecamente, siamo pronti ad annullarci completamente per Lui, disprezzando il nostro intelletto quasi istintivamente. Per questa ragione, il problema più importante con il quale ci troviamo ad avere a che fare è il modo di percepire la presenza del Creatore.

Pertanto, ogniqualvolta in cui tali dubbi si presentano, vale la pena di dedicare tutte le nostre energie e i pensieri per l’amore del Creatore. Dobbiamo aspirare subito ad attaccarci al Creatore con ogni fibra del nostro essere. Questa sensazione circa il Creatore si chiama “fede”.

Il processo può essere accelerato, se lo rendiamo l’oggetto più importante della nostra concentrazione. Più diventa importante per noi, più velocemente possiamo raggiungere la fede, cioè la consapevolezza del Creatore.

Inoltre, maggiore sarà l’importanza che attribuiremo a percepire il Creatore, più forte sarà la nostra percezione, fino a quando non sarà parte del nostro essere. La Fortuna (mazal in ebraico) è una forma speciale di Provvidenza che non possiamo influenzare in alcun modo. È stabilito dall’Alto che noi, come individui, siamo responsabili di cercare di cambiare la nostra stessa natura. Successivamente, il Creatore valuterà gli sforzi che abbiamo fatto e alla fine cambierà la nostra natura, così come ci eleverà al di sopra del nostro mondo.

Pertanto, prima di fare ogni sforzo, dobbiamo renderci conto che non possiamo aspettarci che le Forze Superiori, la fortuna o qualche altro trattamento speciale intervenga dall’Alto in nostro favore. Piuttosto, dobbiamo cominciare a riconoscere pienamente che, se noi non agiamo, non arriveremo a ciò che desideriamo.

Tuttavia, una volta che completiamo un compito o ci impegniamo nello studio o facciamo uno sforzo, dovremmo raggiungere la seguente conclusione:

Tutto ciò che abbiamo ottenuto come risultato dei nostri sforzi sarebbe accaduto in ogni caso, anche senza fare alcuno sforzo, in quanto il risultato è stato predeterminato dal Creatore.

Quindi, se noi desideriamo comprendere la vera Provvidenza, dobbiamo metterci subito di impegno, provare subito ad affrontare ogni situazione per assimilare questa contraddizione dentro di noi.

Ad esempio, la mattina dovremmo iniziare lo studio o il lavoro quotidiano come facciamo sempre, lasciandoci alle spalle tutti i pensieri sul dominio divino del Creatore sul mondo e sui suoi abitanti. Ciascuno di noi deve lavorare come se il risultato finale dipendesse solo da lui.

Ma alla fine della giornata, in nessun caso dobbiamo permettere a noi stessi di immaginare che ciò che abbiamo raggiunto è il risultato dei nostri sforzi. Dobbiamo renderci conto che anche se fossimo rimasti a letto tutto il giorno, saremmo comunque arrivati allo stesso risultato, perché questo risultato è stato pre-determinato dal Creatore.

Pertanto, colui che vuole vivere una vita di verità deve, da un lato, rispettare le leggi della società e della natura proprio come chiunque altro, ma dall’altro lato, deve anche credere nel dominio assoluto del Creatore sul mondo.

Tutte le nostre azioni possono essere divise in buone, neutrali o malvagie. Il nostro compito è quello di elevare le nostre azioni neutrali al livello di quelle buone.

Possiamo riuscirci attraverso la consapevolezza del fatto che, anche se stiamo compiendo delle azioni, alla fine, è il volere del Creatore che governa. Ad esempio, quando ci ammaliamo, sebbene siamo consapevoli che la cura è completamente nelle mani del Creatore, dobbiamo comunque prendere le medicine prescritte dal medico e credere che l’abilità del medico ci aiuterà a superare la nostra condizione. Ma quando, dopo aver preso le medicine in stretta conformità con gli ordini del medico, noi guariamo, dobbiamo credere che saremmo guariti comunque perché questo era il disegno del Creatore.

Perciò, invece di ringraziare il medico, dobbiamo ringraziare il Creatore. In questo modo, trasformiamo un atto neutrale in un atto spirituale e, facendolo con tutti gli atti neutrali che compiamo, possiamo gradualmente “spiritualizzare” tutti i nostri pensieri.

Gli esempi e le spiegazioni di cui sopra sono importanti perché potrebbero diventare effettivamente dei gravi ostacoli alla nostra elevazione spirituale. I problemi talvolta aumentano, quando pensiamo di aver capito i principi del Dominio Divino. In questo caso ci ritroveremmo a concentrare le nostre energie, in senso teorico, per rafforzare la nostra fede nell’onnipresenza del Creatore, invece di lavorare duramente su noi stessi.

Spesso, al fine di dimostrare la nostra fede nel Creatore o semplicemente per pigrizia, sosteniamo di non aver bisogno di lavorare su noi stessi, perché tutto è nelle mani del Creatore. Oppure, decidiamo di chiudere gli occhi e lasciarci andare alla cieca fede, eludendo così le domande vitali sulla vera fede.

Tuttavia, evitando di rispondere a queste domande, ci togliamo la possibilità di progredire spiritualmente. È detto del nostro mondo, “Ti guadagnerai il pane con il sudore della tua fronte”. Eppure, quando guadagniamo qualcosa, è difficile per noi ammettere che il risultato sia stato determinato dal lavoro del Creatore e non dal nostro.

Dobbiamo rafforzare la nostra fede nel dominio assoluto del Creatore con il sudore della fronte.

Ma al fine di crescere e sperimentare nuove sensazioni spirituali, dobbiamo fare uno sforzo per capire e accettare la natura contraddittoria del dominio Divino (che ci appare così solo a causa della nostra cecità).

Solo allora sarà possibile conoscere esattamente ciò che ci viene richiesto e solo allora potremo crescere per sperimentare nuove sensazioni spirituali.

GLOSSARIO semplificato

dei termini studiati al corso

600.000 anime: frammenti dell’unica creazione, dell’anima generale chiamata “Adamo”. E’ una qualità della connessione.

Adam HaRishon: (Adamo) l’anima creata in principio prima della frammentazione. E’ la prima struttura che ha il desiderio di assomigliare al Borè.

Anima: La creatura, il desiderio originale che è stato creato.

Ari: L’abbreviazione di Ashkenazi Rav Yitzhak, il nome completo è Yitzhak Luria Ashkenazi (1534 – 1572). Il fondatore della Scuola Lurianica di Kabbalah, il metodo moderno per il raggiungimento del Mondo Superiore (XVI sec.).

Baal HaSulam: Il secondo nome di Yehuda Leib HaLevi Ashlag (1884 – 1954). L’autore del metodo moderno per il raggiungimento del Mondo Superiore, l’autore del commentario dello Zohar e tutti i lavori di Ari.

Binà:  la fase 2 della creazione, proprietà di dazione nella creazione.

Borè: significa Creatore e deriva dall’ebraico Bo-re (vieni e vedi-verifica).  Non è qualcosa di cui avere fede, è la forza dell’amore e della dazione.

Chochmà: (Saggezza) è la fase 1 della creazione.

Corpo: (Guf) sono i desideri che eseguono le intenzioni del Rosh del Parzuf.

Correzione: (Tikkun) cambiare l’intenzione del desiderio di ricevere per modificare la percezione della realtà.

Creatura: deriva dalla parola ebraica Nivrà che vuol dire fuori dal grado, cioè che non ha ancora conseguito la realtà spirituale.

Desiderio: il motore sia della vita biologica sia della vita spirituale.

Divinità: desiderio speciale di conseguire la Fonte di tutta la vita.

Egitto: desiderio di ricevere egoistico.

Ein Od Milvado: significa non esiste nulla tranne Lui.

Incarnazione: ciclo che fa l’anima in ogni gradino spirituale, anche nella stessa vita.

Israele: combinazione di 2 parole Yashar-El e significa dritto al Borè. Coloro che hanno il desiderio di conseguire la dazione si chiamano Israele.

Kabbalah: saggezza della ricezione del bene.

Keter: (Corona) detta fase radice, fase zero. E’ l’essenza del Divino, della dazione e dell’amore.

Kli: vaso, desiderio (plurale Kelim).

Luce: il piacere, il conseguimento del desiderio di dare.

Malchut: (Regno) è la quarta e ultima fase dello sviluppo del desiderio di ricevere.

Mitzvah: (precetto, plurale Mitzvot), comandamento. Ogni atto che mi avvicina alla realtà dell’anima di Adam HaRishon. E’ la correzione del cuore.

Mondo spirituale: realtà che è fuori dal nostro mondo e dalla nostra natura.

Nazioni del mondo: sono tutti i desideri comuni.

Neshamà: è l’anima in ebraico.

Olam: significa mondo e deriva dalla parola Alamà (occultamento).

Parlante: è l’Adamo che è in noi, il punto nel cuore

Partzuf: Struttura spirituale che consiste in dieci Sefirot.

Pitcha: in ebraico significa prefazione. E’ l’introduzione alla struttura dei mondi superiori.

Punto nel cuore: un desiderio nuovo per la spiritualità, desiderio di dare.

Rabash: Abbreviazione del Rav Baruch Shalom, nome completo Baruch Shalom HaLevi Ashlag  (1906 – 1991), l’autore del libro “ Shlavey Sulam” (“ I gradini della scala” in ebraico) – una descrizione dettagliata dell’ascesa dell’uomo al mondo Spirituale.

Rashbi: Rabbi Shimon Bar Yochai, l’autore dello Zohar (III sec. A. C. ).

Radice: è il conseguimento finale dei kabbalisti, la sorgente di tutti i conseguimenti. La dazione, il desiderio di dare.

Ramo: è il desiderio di ricevere.

Rosh: è il capo, la testa del Partzuf, dove ci sono le intenzioni.

Santità: (Kedushà) deriva dalla parola Kadosh (distinto e separato dall’ego).

Sefira: (plurale Sefirot) è l’ego corretto ad un certo livello, in un certo modo. Quindi, risplende ed è chiamato Sefirot (che viene dal termine ebraico “sapphire”) luminoso.

Spiritualità: la forza della dazione

Torah: significa luce (dalla parola Horaa che significa “Insegnamenti”, o dalla parola Ohr “Luce”). E’ un testo che esprime le correzioni che bisogna fare nel desiderio di ricevere.

Yud Hey Vav Hey: è il Tetragramma, il nome del Borè. È l’algoritmo, il calco di tutta la creazione.

Zeir Anpin: (Piccolo Volto) è la fase 3 della creazione, ricevere al fine di dare, è una struttura spirituale già realizzata ma in forma piccola, non consapevole.

Zohar: libro dello splendore. E’ un testo fondamentale per la saggezza della Kabbalah, scritto da 10 kabbalisti che hanno conseguito pienamente questa saggezza.

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