“Ama il tuo amico come te stesso”, Rabbi Achiva disse che “è una grande regola della Torah”, intendendo che nell’osservazione di quella regola sono già incluse tutte le regole particolari, quindi, che arriviamo alle regole particolari da sè senza nessuna “Yeghia” (sforzo) ed in più, non c’è nient’altro da fare.
Però vediamo che la Torah ci dice: “Cosa ti chiede il Creatore se non il Mio timore”, quindi si capisce che la richiesta principale per l’uomo è il timore. Che, se l’uomo osserva Mitzvah Hiraa (precetto di timore), è già inclusa in se tutta la Torah ed i precetti, quindi, anche il precetto di “ama il tuo amico come te stesso”.
Ma secondo ciò che dice Rabbi Achiva si può anche affermare l’opposto, ovvero, che la Hiraa (timore) è inclusa nella regola di “ama il tuo amico come te stesso”,
Inoltre, secondo i nostri saggi (Brachot p.6), il significato non è come disse Rabbi Akiva. Essi si riferiscono al verso: “La fine della questione che tutti hanno udito: Temi Dio e fai i suoi comandamenti, perché questo è tutto l’uomo”. Gmarah chiede “che significa: questo è tutto l’uomo?” Rabbi Elazar disse: “Il Signore disse che l’intero mondo non fu creato che per questo”. Comunque, secondo Rabbi Akiva, sembra che tutto sia contenuto nella legge “Ama il tuo amico”.
Però troviamo, nelle parole dei nostri saggi (makot 24), che la cosa principale è la fede, essi hanno detto: E’ venuto Habakuk ed ha affermato: “Il Santo vive per la sua fede”. E spiega il “Mahar Hascia” che quello che appartiene ad Israele, in ogni momento, è la fede. Vuol dire che il punto principale della regola è la fede e ne deriva che sia la Hiraa e sia “l’ama il tuo amico” sono inclusi nella fede (Emuna).
Per capire tutto ciò bisogna osservare con attenzione:
1) cos’è la fede.
2) cos’è Hiraa (timore).
3) cos’è ama il tuo amico come te stesso
E prima di tutto bisogna sempre ricordare qual’è lo scopo della creazione. E’ risaputo che è di benificiare le sue creature per cui, se Egli vuole dare il bene e la delizia, a cosa mi servono queste tre cose? ovvero la fede, il timore e l’amore dell’amico? Comunque vuol dire che ne abbiamo bisogno per preparare i Kelim (vasi) che siano adatti a ricevere il bene e la delizia, ciò con cui il Borè vuole deliziare le sue creature.
Ora bisogna capire cosa ci danno queste tre cose nella preparazione.
La fede, in questa senso, ci da la certezza che prima bisogna credere nello scopo, che è di beneficiare le sue creature. Allo stesso modo ognuno deve avere la certezza, la garanzia per se stesso, che anch’egli potrà arrivare allo scopo; il che che vuol dire che lo scopo della creazione non è solo per le persone speciali ma appartiene a tutti senza eccezione. E non è necessario essere persone con talento, eroi, coloro che hanno la forza di vincere, coraggiosi di cuore, ma appartiene a tutte le creature.
Guarda la prefazione di TES (Talmud Esa Sephirot), lettera 21 dove, citando Midrash Raba , c’è scritto: “e questa è la benedizione” disse il Creatore ad Israele, “la vostra vita, tutta la saggezza e tutta la Torah sono cose facili per tutti coloro che che hanno timore di me e seguono le parole della Torah, quindi tutta la saggezza e la Torah sono nel loro cuore”, questo è ciò che è affermato.
Quindi deve usare il discernimento della fede per avere sicurezza di poter arrivare allo scopo e non disperarsi nel lavoro e scappare dal campo. Ma credere che il Creatore può aiutare anche un uomo basso e vile come lui ; quindi che il Creatore lo avvicinerà ed egli sarà meritevole del Dvekut (adesione a Lui).
E per meritare la fede, bisogna prima aver timore; è scritto (prefazione dello Zohar, commentario dei gradini della scala di Baal HaSulam) che la Hiraa (timore) è il precetto che contiene tutti i precetti della Torah essendo quello che porta alla fede; in modo tale che, secondo il risveglio del timore dell’osservanza del Creatore, allo stesso modo è presente la fede nell’osservanza del Creatore. E se ne conclude che il timore è la paura di diminuire la gioia in Alto, che vuol dire che il timore che l’uomo deve avere del Creatore riguarda la possibilità di non poter dare gioia in Alto e non riguarda il suo beneficio personale.
Da questo ne deriva che la porta per la fede è il timore senza il quale non si può arrivare ad essa.